[picture credit http://retro-treasures.blogspot.com/2007/11/commodore-64-music-maker.html%5D
Nel 1982 uscì in commercio il computer Commodore 64, ancora oggi il più venduto al mondo con i suoi quasi 17 milioni di pezzi. Offriva tantissime applicazioni non solo di natura ludica e in più poteva essere facilmente programmabile in linguaggio basic. Tra i vari programmi erano presenti anche alcuni applicativi di tipo musicale che potevano essere eseguiti grazie anche ad un controller che emulava una tastiera di pianoforte e che si poggiava direttamente sui tasti del computer (mostrato nell’immagine qui sopra). Ricordo che il software Music Master mi aprì la porta verso un mondo a me (tredicenne) sconosciuto. In un periodo in cui non esisteva internet, non c’erano pubblicazioni specializzate disponibili in italiano, non esistevano iniziative didattiche di settore, chi come me studiava pianoforte privatamente e non aveva in famiglia cultori di musica elettronica aveva nel suo bagaglio culturale ascolti principalmente di musica classica con qualche affaccio nel jazz e nel rock mentre i suoni sintetici appannaggio della musica elettronica costituivano un mondo lontano.

Fu un vero colpo di fulmine. Per la prima volta era. possibile al sottoscritto manipolare informazioni sonore di natura non acustica anche se in maniera semplice. Dalle ore passate a divertirsi iniziò un interesse verso la musica elettronica e in generale verso quelle macchine chiamate sintetizzatori e che si vedevano e provavano nei negozi vari della capitale (cherubini, davoli, ciampi, ecc) e in più il sabato pomeriggio ci vedevamo con amici a casa di un coetaneo che aveva un Siel DK70. Nel frattempo avevo appena comprato il sintetizzatore Kawai K5 attratto più dalle potenzialità di editing che dalla tipologia dei suoni che offriva nei suoi banchi. Il K5 era uno dei pochissimi sintetizzatori a sintesi additiva (possibile solamente attraverso un’elaborazione numerica visto il costo degli oscillatori analogici), era polifonico a 16 voci ed anche multitimbrico a 16 parti. Una vera manna dal cielo quando comprai un computer Atari 1040 STF e il sequencer MIDI Creator della C-LAB (l’antenato di Logic).
Ora era possibile applicare tutte le potenzialità del protocollo MIDI (vista anche l’integrazione dell’interfaccia MIDI direttamente sull’Atari) e cominciare a creare composizioni sintetiche o a riprodurre basi di brani famosi. Il K5 non aveva suoni di percussione tipici di un drum set e optai per l’acquisto di una batteria elettronica (molto in voga in quel periodo). Mio cugino possedeva una Casio Rz-1 che però aveva utilizzato pochissimo e fu ben felice di vendermela (così risparmiai qualcosa). Ora il set era completo mancando solamente la parte audio in quanto gli ingressi disponibili sull’amplificatore di casa ormai erano tutti saturi. Presi in ultimo un mixer LEM, dei monitor LEM e un piccolo 4 piste a cassette della Fostex. Sembrava un sogno. Si passavano interi pomeriggi su quelle macchine a capire come funzionavano, come programmarle, inventando nuovi suoni, pattern ritmici, brani elettronici. Tanto per chiarirmi alcuni concetti poco intuitivi riusci ad acquistare il mio primo libro di tecnologia musicale (che tengo ancora nella mia libreria): l’Illustrated Compendium of Musical Technology scritto da Tristam Cary e dovetti attendere un paio di mesi per averlo (ci fosse stato amazon….).
Quando penso oggi a tutti quei ragazzi giovani che arrivano all’IITM per imparare ad utilizzare le tecnologie musicali mi viene sempre in mente quel periodo magnifico tra il 1982 e il 1992 quando un giocattolo divenne poi una professione. Penso alle possibilità che hanno oggi con i computer e le migliaia di software dedicati ma vedo anche lo smarrimento che hanno navigando da soli in questo mare tecnologico musicale che da piccolo che era è diventato un oceano grande.