Un viaggio nell’audio 3D (parte 3)

di Luigi Agostini
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Siamo arrivati al momento fatidico, quello in cui si comincia veramente a lavorare lanciando il software che abbiamo scelto per creare i nostri fantastici paesaggi sonori tridimensionali in realtà acustica virtuale… già, ma qual’è il software giusto? Senza dubbio quello che ci permetterà di ridurre al minimo l’inevitabile ma tanto temuto lasso di tempo che intercorre tra la nascita dell’idea e la sua realizzazione pratica. Niente spegne il sacro fuoco dell’ispirazione quanto dover usare le altre parti del proprio cervello per districarsi in un groviglio di menù a tendina, cavi virtuali, impostazioni apparentemente inutili e versioni critto-grafo-stenografate in cirillico di sistemi operativi sempre troppo recenti o troppo datati… Se siete d’accordo con quanto sopra evidenziato dovete anche convenire con me che non esisterà mai un software che vada bene per tutti, proprio perché siamo innegabilmente diversi gli uni dagli altri e abbiamo diversi livelli di preparazione specifica. Abbiamo però gli stessi diritti e doveri, e quindi ben venga la pluralità di soluzioni per la “spazializzazione” del suono oggi disponibili della quale tenterò di fornire una necessariamente sommaria descrizione, includendo immodestamente le mie creazioni tra le altre disponibili gratuitamente o meno.

C’è posto per tutti, e chi ha voglia di studiare e tempo da dedicare alla creazione di un proprio sistema oggi può anche ottenere dei risulti professionali praticando il “fai-da-te”. Per fortuna non siamo più nel lontano 1997 quando immaginai il software E.A.SY (vedi immagine 1) con la prima visualizzazione di traiettorie virtuali audio in Open GL tra gli sguardi stralunati e infastiditi dei miei collaboratori di allora, ai quali non interessava poi molto essere forse i primi in assoluto ad aver realizzato con me un software del genere…

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Oggi la fusione tra audio e grafica 3D è una cosa normale, quasi scontata, date un occhiata a Unity se non ci credete.

Un’ottima interfaccia utente era anche quella del software francese Audiostage, forse già fuori produzione (il sito non fornisce più altre informazioni che il logo Longcat) ed anche il software di gestione della X-spat boX2 della A&G Soluzioni Digitali (chiusa nel 2011) seppur minimale rappresentava un buon compromesso realizzato con Processing. Eravamo agli albori di un fenomeno adesso in piena espansione destinato a modificare per sempre il modo di creare software da un lato, e di realizzare le proprie idee, in multi-canale o meno, dall’altro. Per il progenitore assoluto di tali ambienti di lavoro modulari, perché di questo poi si tratta, ho avuto il piacere e l’onore di lavorare come tech support per l’Italia al fianco del mitico Andrea Valassina, nel lontano 1994, quando si chiamava semplicemente Max ed era prodotto dalla Opcode. Conobbi anche negli US uno dei creatori-sviluppatori del sistema, David Zicarelli, senza dubbio un genio della programmazione, con il quale però mi trovai in discussione per gli stessi motivi che ho descritto in apertura del seguente articolo. Il software era stato appena riscritto basandosi sulla versione originale di Miller Puckette (dalla quale poi nacque anche Pure DataLink) e pur promettendo bene era ancora troppo complicato per competere in termini di praticità di utilizzazione con, ad esempio, il sequencer audio che loro stessi producevano StudioVision o il già rodato e affidabile Cubase Audio.

Allora avevo uno dei primissimi studi di registrazione completamente digitali in Italia, il Piccolo Laboratorio Artigianale Interamente Digitale, (il PLAID creato con Diego Persi Paoli), e utilizzavo un digidesign SoundTools con AD IN e DAT I/O espanso a quattro tracce con Cubase Audio che pilotava anche un DMP7 Yamaha via MIDI insieme all’outboard, i synth e le batterie elettroniche (roba che a pensarci ora mi viene già il mal di testa!)

Tornando all’aneddoto che vi stavo raccontando, chiesi a Zicarelli di farmi su Max un operazione che di solito nel mio studiolo potevo fare in un minuto circa e lui, gentilissimo, mi fece una demo di quindici minuti prima di arrivare allo stesso risultato! Ma non fraintendetemi, eravamo soltanto in anticipo sui tempi, tant’è vero che una delle migliori soluzioni per l’audio 3D “fai-da-te” oggi, a venti anni di distanza, è proprio una libreria particolare per Max/MSP chiamata Jamoma. (VIDEO TUTORIAL).

Se si dispone di una conoscenza di base dell’ambiente di programmazione suddetto, adesso commercializzato dalla Cycling74 (sempre di Zicarelli si parla), è possibile realizzare un software per l’audio 3D di ottima qualità ad un costo limitato (quello della licenza di Max, Jamoma è gratuito).

Ancora più abbordabile in termini di costo e forse altrettanto interessante dal punto di vista delle opzioni e della passione profusa nella realizzazione da parte del team di sviluppo è il francese Usine Hollyhock.

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Disponibile anche in versione gratuita, seppur ridotto nelle prestazioni rispetto a quella commerciale, il sistema offre una facilità di apprendimento e una velocità nel raggiungimento dello scopo prefissato nettamente superiori al suo progenitore Max. Attenti a tutte le novità del settore, e recentemente approdati anche su Mac OSX, forniscono di serie il supporto di un massimo di 64 canali audio per la spazializzazione e, bontà loro, anche alcune patch da me realizzate gratuitamente per il 3d DBAP (vedremo in un prossimo articolo riguardante gli algoritmi del 3D audio di cosa si tratta).

Particolarmente interessante l’integrazione diretta del Leap Motion, forse  il miglior controller realmente 3D disponibile sul mercato nipote inconsapevole del mio TheBat dei primi del 2000 troppo ingombrante e costoso per essere adottato su larga scala, ma essenzialmente basato sullo stesso principio.

Un altro ambiente modulare per lo sviluppo assistito da interfaccia grafica molto interessante è Flowstone. Molto veloce da utilizzare ma disponibile soltanto per Windows, offre una invidiabile dotazione di oggetti di serie per l’integrazione di hardware open-source e non, come Arduino e similari.

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Attualmente la soluzione migliore per rapporto tra qualità e prezzo, secondo me, (e vorrei anche vedere, altrimenti non l’avrei sviluppata e non la proporrei a quel prezzo) è il mio 3D VAR Creator (link) sviluppato con il prezioso aiuto del mio colaboratore di sempre, David Campanini.

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Spero apprezzerete l’onestà e la mancanza di ipocrisia in questa affermazione, ci credo veramente altrimenti avrei già ritirato il prodotto dal commercio come ho fatto in passato con i vari sistemi software più hardware che ho ideato, allora necessari ma adesso obsoleti. Questo grazie al 64 bit che permette di ottenere una qualità audio in uscita dalla catena DSP pari a quella dei vecchi processori hardware, sempre che i “conti” siano effettuati in virgola mobile (floating point).

Se non siete d’accordo con quanto ho scritto in questo e nei miei precedenti articoli, allora potete prendere in considerazione anche i sistemi in wave field synthesis, secondo me troppo legati all’uso di un alto numeri di diffusori e troppo 2D, per farla breve, e i vari plug-in binaurali, ambisonics e HOA che considero già più validi ma troppo legati all’ascolto in cuffia o alla posizione dell’ascoltatore singolo.

Meriterebbe un articolo a parte OpenAL, proposto principalmente da Creative (non storcere il naso pensando alla Sound Blaster, aspetta di sentire qualcosa) e basato sul processore audio delle schede video per uso ludico, che però si caratterizza di per sé come un oggetto valido ma pensato per altri scopi.

Per correttezza analizzeremo nel prossimo articolo le caratteristiche dei principali algoritmi utilizzati per la realizzazione di ambienti più o meno 3D o perlomeno multi-canale, per permettervi di giudicare liberamente se le mie convinzioni sono giuste o errate.

 

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Informazioni su silviorelandini

sound designer, docente di tecnologie musicali (Conservatorio S. Cecilia, Saint Louis College of Music), direttore iitm
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