Traduzione in italiano a cura di Silvio Relandini dell’articolo The Father of the Digital Synthesizer scritto da Zachary Crockett.
“Ero consapevole che probabilmente sono stato la prima persona ad aver ascoltato questi suoni e che era qualcosa di musicale che non era mai stato ascoltato da nessuno prima – almeno non su questo pianeta.” — John Chowning, Inventore della Sintesi FM.
Da molto tempo l’Università americana Stanford è considerata un centro importante di tecnologia, il suo brevetto più redditizio è dovuto ad un compositore del suo dipartimento di musica. Nel corso di due decenni la sua scoperta, la “sintesi per modulazione di frequenza” ha portato all’Università più di 25 milioni di dollari di ricavi ma il fatto ancora più importante è che la sintesi FM ha rivoluzionato l’industria musicale ed ha avviato un nuovo mondo di possibilità sonore digitali. Yamaha l’ha utilizzata per realizzare il primo sintetizzatore digitale al mondo per un mercato di massa, un dispositivo che ha contribuito a definire il suono della musica degli anni ’80. Negli anni successivi la tecnologia è stata utilizzata come dispositivi audio per le console dedicate ai videogiochi, per i telefoni cellulari e per i personal computer.
Nonostante il grandissimo successo del brevetto, all’inizio il suo inventore, Dr. John Chowing, un brillante compositore, non aveva ottenuto un posto di ruolo: nel programma di studi musicali tradizionali di Stanford i suoi passatempi nella computer music non erano visti come un buon impiego del tempo pertanto venne ampiamente emarginato. Nonostante ciò, seguendo il suo desiderio di esplorare le nuove frontiere dell’audio, Chowing riuscì a ridefinire il ruolo della musica e del suono divenendo un elemento importante del dipartimento e del suo programma internazionale.
Questa è la storia di un pioniere dell’audio che non voleva compromettere la sua curiosità e che, con un piccolo gruppo di talentuosi colleghi, convinse il mondo che i computer potevano avere un ruolo molto importante nella creazione della musica.
un giovane John Chowing
John M. Chowing è nato nell’autunno del 1934 in New Jersey. Negli anni della Grande Depressione i Chowing fecero tutto il possibile per garantire una dignitosa vita ai loro figli sebbene la loro casa fosse uno spazio privo di musica. Nonostante ciò il giovane Chowing sentiva una grande attrazione verso il suono. “Ho amato le grotte”, ricordava. “Volevo fare delle escursioni nei monti Appalachi, andare in quelle grotte solamente per ascoltare gli echi. Erano luoghi misteriosi e magici”. Questo era il mondo naturale acustico che ispirò Chowing a prendere in mano il violino all’età di otto anni sebbene lo strumento non lo entusiasmò abbastanza. Dopo essersi trasferito nel 1940 a Wilmington, dove seguì il liceo, un “grande insegnante di musica” lo indirizzò verso la sua grande passione: le percussioni.
Completamente dedito allo studio degli spartiti, Chowing venne inizialmente preso per suonare i cymbal ma presto venne promosso alla batteria che divenne la sua grande passione e in poco tempo diventò un percussionista jazz molto competente. “Tutto il mio mondo”, disse “era la musica!!!”.
Dopo aver finito gli studi Chowing partecipò come soldato alla guerra in Corea e per via delle sue abilità venne inserito come batterista in una delle U.S. Navy jazz band. “C’erano tanti ottimi musicisti che mi aiutarono a perfezionarmi, erano migliori di me”, ammise. Per tre anni girò l’Europa con la band grazie all’interesse che c’era verso i nuovi stili del jazz.
Una jazz band della U.S. Navy (metà degli anni ’40)
Tornò negli Stati Uniti e frequentò l’Università di Wittenberg, una piccola istituzione dedita alle arti liberali nell’Ohio, per volere del padre. Qui si dedicò allo studio dei compositori contemporanei: Béla Bartòk, Igor Stravinsky, Pierre Boulez ed altri. “Trovavo molto agio nel suonare da solo e l’improvvisazione divenne il mio nuovo percorso musicale” disse. Questo percorso lo portò nuovamente in Europa. Dopo aver terminato gli studi nel 1959, Chowing scrisse una lettera a Nadia Boulanger, una compositrice famosa francese che aveva insegnato alla maggior parte dei migliori musicisti del 20° secolo, esprimendole il suo desiderio di studiare con lei. Chowing venne accettato e si trasferì in Francia insieme a sua moglie. Per i due anni successivi incontrò la Boulanger una volta a settimana per compiere studi molto intensivi. “E’ stato un periodo molto fruttuoso per me”, ricorda. “Ho imparato molto dell’armonia e del contrappunto”.
Ma la più grande sorpresa per Chowing, quella che cambiò la sua vita, venne quando assistette a Le Domaine Musical, una serie di concerti di musica d’avant-garde a Parigi che spesso erano caratterizzati da musica sperimentale: “qualche musica utilizzava degli altoparlanti. Ascoltare ciò che alcuni di questi compositori stavano facendo mi cambiò la vita. Karlheiz Stockhausen aveva rappresentato un brano elettronico a quattro canali che utilizzata delle voci (preregistrate) di ragazzi. La struttura spaziale attirò la mia attenzione in quanto con gli altoparlanti si poteva creare l’illusione di uno spazio che stavamo ascoltando che non era quello reale”. Mentre Chowing rimaneva seduto meravigliato, il resto degli spettatori, la maggior parte dei quali erano musicisti e studenti con mentalità tradizionale, urlò e fischiò in segno di disapprovazione dopo la conclusione del brano. Sebbene la musica elettronica si stava affermando in quegli anni in Europa non era ancora popolare o ampiamente accettata soprattutto tra i musicisti qualificati. Nell’incontro con la Boulanger successivo ai concerti Chowing timidamente ammise il suo interesse nella musica prodotta con gli altoparlanti aspettando di essere deriso. Invece, l’insegnante lo incoraggiò ad alimentare il suo interesse. Ma come Chowing presto imparò, la musica elettronica dipendeva molto da studi specialistici con un’elevata conoscenza tecnologica. Sebbene pensasse di riprodurre ed esplorare quel tipo di musica non aveva le risorse economiche o le abilità tecniche per farlo. “Quando ho sentito questa musica a Parigi ho pensato che avrei potuto creare la mia musica se avessi potuto controllare questi altoparlanti”, ricorda Chowing. “Ma rimasi deluso quando imparai che erano dipendenti da una elevata conoscenza tecnologica”.
Con nessuna possibilità di coltivare il suo interesse per la musica elettronica, Chowing tornò negli Stati Uniti e si iscrisse al dottorato in musica presso l’Università di Stanford venendo anche coinvolto nell’orchestra dell’università come percussionista. A poco a poco tornò ad avere confidenza con un repertorio musicale più tradizionale.
Successivamente, durante l’inverso del 1963, nel secondo anno di studi, un suo collega gli fece avere una pagina presa dalla rivista Science. All’inizio Chowing la osservò distrattamente e la mise in tasca ma due settimane dopo la rilesse. L’articolo chiamato “il Computer digitale come Strumento musicale” era stato scritto da un giovane ricercatore dei Bell Laboratories chiamato Max Mathews. All’inizio Chowing non riuscì a capire bene il senso di quell’articolo. “Non avevo mai visto un computer prima e non ho capito molto” ammise lui stesso. “Ma c’erano un paio di affermazioni che attrassero la mia attenzione, specialmente quella in cui si affermava che un computer era in grado di creare qualsiasi suono immaginabile”.
immagini prese dall’articolo originale di Mathews
L’articolo era fornito con diversi diagrammi inizialmente incomprensibili per Chowing ma la sua curiosità lo aiutò ad arrivare a capirne presto il significato: “un computer avrebbe inviato numeri ad un convertitore digitale-analogico per trasformarli in tensione elettrica in maniera proporzionale. La tensione verrebbe poi inviata agli altoparlanti…ciò mi fece riflettere su tutte quelle grandi cose che vidi in Europa. Ho pensato che se avessi potuto imparare a generare quei numeri e ad ottenere un accesso ad un computer e ad un altoparlante non sarebbe stata necessaria nessuna di quella costosa attrezzatura vista in Europa”. Sebbene Chowing fosse un semplice percussionista privo di una importante cultura elettronica non si arrese e decise di avvantaggiarsi delle possibilità offerte da Stanford iscrivendosi ad una classe di programmazione. “Ho dovuto dimostrare di poterlo fare”, disse “e veramente non era molto difficile”. Usando un ingombrante ma nuovo sistema computazionale Burroughs B-5500 imparò a programmare in ALGOL.
un sistema Burroughs B-5500
Nell’estate del 1964 aveva acquisito alcune competenze di base con la macchina e il linguaggio e decise di incontrare in New Jersey Max Matthews, l’uomo che aveva scritto l’articolo che lo aveva ispirato. Quando Chowing arrivò Matthews rimase piacevolmente sorpreso e lo prese sotto la sua ala. Chowing ricorda: “Gli dissi che volevo utilizzare il suo programma Music 4 e mi diede una grande scatola contenente schede perforate. Ognuna di esse rappresentava una particolare forma d’onda (sinusoidale, triangolare ed altre). Poi, un’altra scheda istruiva il computer a collegarle e a modulare le frequenze. Si potevano così generare migliaia e migliaia di onde periodiche sinusoidali con un solo paio di schede perforate”.
A quel tempo Stanford era lontana dall’istituzione che è oggi e il suo programma musicale era molto rigido e tradizionale. Così come quando Chowing aveva sperimentato in Francia, la maggior parte dei suoi colleghi derise ai non familiari e sconosciuti concetti della computer music. “Era contro ciò che il dipartimento aveva dell’idea della musica; dicevano che stavo disumanizzando la musica! ma la mia risposta fu che forse si trattava dell’umanizzazione del computer”. Nonostante la reazione del dipartimento, quando Chowing tornò a Stanford con la scatola piena di schede perforate datagli da Matthews, trovò un mentore che lo appoggiò, il professore di composizione Leland Smith: “era l’unica persona nel dipartimento che mi disse di andare avanti e di informarlo su ciò che avessi imparato”, ricorda Chowing. “A quel tempo era un dipartimento molto tradizionale, con molto interesse nella musicologia e la prassi esecutiva; quello che stavo facendo era molto lontano dall’interesse del dipartimento ma Leland mi incoraggiò ad andare avanti”. Nel momento in cui Chowing approfondiva le sue conoscenze di computer music, Smith andò in Europa prendendosi un anno sabbatico ma prima di partire promise a Chowing che al suo ritorno gli avrebbe dato attenzione su quello che avrebbe imparato nel frattempo.
Anni prima, quando Chowing stava studiando a Parigi, aveva osservato Bird in Space, una scultura in bronzo dell’artista rumeno Constantin Brancusi. “Ricordo di aver osservato questa meravigliosa e moderna scultura: semplicemente elegante ma complessa”, ama affermare. “Era assolutamente coinvolgente nel suo effetto”. In quel momento gli venne l’ispirazione di creare illusioni spaziali, suoni che si muovevano come le linee in Bird in Space.
Negli ultimi mesi del 1964, mentre Leland Smith era all’estero, Chowing ebbe un’idea: aveva creato un “continuum” per muovere i suoni in uno spazio a 360 gradi. A quel tempo non si sapeva molto su perché e su come i suoni si muovevano nello spazio; la prima sfida di Chowing era di creare suoni che non solo avevano una distribuzione angolare ma anche una distanza radiale. Per raggiungere questo obiettivo si rese conto che aveva bisogno di dedicarsi con dedizione all’acustica e alla scienza della percezione uditiva. Per i due anni successivi studiò molto: “ho dovuto imparare molto a proposito di percezione audio e di ingegneria, di psicoacustica e di cognizione del suono (la differenza tra qualcosa che è forte e vicina e forte e lontana)”, disse Chowing. “Ho compiuto questi studi in modo da poter raggiungere i miei obiettivi nella composizione”.
Nel 1966 finì il dottorato di ricerca presso Stanford. Con le lodevoli referenze di Leland Smith e di altri appartenenti al dipartimento, ottenne un posto come professore assistente di composizione. Sempre più spesso Chowing passò molto del suo tempo libero nelle “segrete” del laboratorio di intelligenza artificiale di Stanford dove poteva accedere ai computer ed analizzare le proprietà dei suoni su cui stava lavorando. Fu qui che involontariamente nell’autunno del 1967 Chowing arrivò ad una svolta: “stavo sperimentando un veloce e profondo vibrato (un effetto musicale caratterizzato da un rapido e pulsante cambiamento di altezza). Come aumentai la velocità e la profondità del vibrato capii che non riuscivo a percepire più l’altezza e il tempo istantanei”. Per spiegarlo in termini semplici, ogni suono, ad esempio una nota Si suonata con un violino, ha un timbro distinto (che identifica la qualità del tono) e produce un’onda sonora. I suoni possono essere modificati con alcuni effetti che sono sia naturali (come quando si suona uno strumento in una grande sala e si produce un riverbero e/o un eco) o artificiali (come quando modificando una nota su un violino si produce un vibrato o un suono oscillante). Le schede perforate in possesso di Chowing potevano riprodurre numericamente questi effetti.
Chowing trovò che usando due semplici onde sonore – una, chiamata carrier (portante), la cui frequenza veniva modulata dall’altra (chiamata modulante) – avrebbe creato un vibrato molto veloce capace di produrre toni complessi, armonici o non armonici che dipendono dalle frequenze delle onde sonore e dalla profondità della modulazione. Chiamò questa tecnica “sintesi a modulazione di frequenza” o sintesi FM. I suoni prodotti con questo metodo erano completamente sconosciuti: “Ero consapevole che probabilmente eroo stato la prima persona ad aver ascoltato questi suoni e che quello che stavo ascoltando era qualcosa di musicale che non era mai stato ascoltato da nessuno prima – almeno non su questo pianeta”. “Fu una scoperta uditiva al 100%: non conoscevo nulla della matematica che c’era dietro di essa”, aggiunse Chowing. “Fu un prodotto nelle mie conoscenze musicali”.
Sebbene comprese subito l’importanza di ciò che aveva scoperto, Chowing si rese conto che aveva bisogno di conoscere la matematica che aveva reso possibile la realizzazione di questi suoni. C’era un problema: all’età di 30 anni, il suo ultimo corso di matematica consisteva nell’algebra basilare passato a malapena con il voto di sufficienza. Ma Chowing era spinto da un grande desiderio di esplorare la musica e questa nuova frontiera del suono. Ottenne un prezioso aiuto inizialmente da David W. Poole che aveva una laurea importante in matematica e lo aiutò a comprendere come il computer lavora e successivamente dagli scienziati ed ingegneri del laboratorio di Intelligenza Artificiale di Stanford. “C’era entusiasmo a seguito della scoperta”, ammise, “ma il suo potenziale di utilizzo nella mia musica era ciò che mi spingeva ad andare avanti, non la scoperta o l’invenzione”. Così Chowing passò un innumerevole tempo sui libri di matematica e a consultarsi con i ricercatori dei laboratori di Stanford. “Gradualmente”, disse, “imparai a comprendere le equazioni FM attraverso la programmazione e la matematica.
La sintesi FM poteva essere applicata per riprodurre digitalmente in maniera molto accurata imitazioni di strumenti musicali reali. Ancor più, avrebbe potuto preparare i musicisti per utilizzare questo nuovo mondo sonoro. Ma Chowing non poteva trascurare gli impegni principali del suo lavoro; come tutti i professori del dipartimento musicale, doveva comporre regolarmente con l’aspettativa che il suo lavoro fosse riconosciuto tra i pari. Aveva anche degli insegnamenti da dover effettuare che richiedevano molto tempo pertanto passò i successivi quattro anni a lavorare sulla sintesi FM e a cercare di replicare il suono di vari strumenti.
Nel 1970 Chowing era riuscito ad utilizzare la sintesi FM per imitare vari toni – drum, voci, brass – in una qualsiasi forma rudimentale. Quando mise a conoscenza Max Matthews della sua scoperta, gli scienziati dei Laboratori Bell vennero coinvolti da Mathews per comprendere pienamente l’importanza della scoperta; con il coinvolgimento di John Pierce, direttore della ricerca presso i laboratori Bell, Mathews suggerì a Chowing di richiedere un brevetto. In quei giorni pertanto Chowing doveva effettuare una scelta: sviluppare indipendentemente la sua invenzione assumendosi l’onere finanziario e tutti i rischi del caso oppure depositarla tramite l’ufficio delle licenze tecnologiche (OTL) di Stanford. L’OTL, appena creato da Stanford, era la scelta migliore per Chowing in quanto si sarebbe assunto tutti i rischi e avrebbe sostenuto l’onere finanziario del tentativo di ottenere la licenza per la tecnologia (circa 30/40 mila dollari) consentendogli di essere coinvolto nel procedimento. L’unico problema era che l’università avrebbe trattenuto per se la maggior parte dei ricavi e passato solamente una piccola quantità di denaro a Chowing. “Non ho voluto trattare con gli avvocati, volevo fare la mia musica”, si difese Chowing. “Non pensavo al denaro così tanto come alle mie composizioni. Era naturale per me dire: prego procedete”. Con una tassa di 1 dollaro, Chowing firmò il brevetto della sintesi FM tramite l’OTL di Stanford che iniziò il lungo processo di “corteggiamento” delle industrie di strumenti musicali.
Nel frattempo Chowing era focalizzato nell’integrare la sua scoperta nella sua musica. Sabelithe, un brano che iniziò nel 1966 ma che completò nel 1971, costituì la prima composizione ad aver utilizzato la sintesi FM. Se si ascolta tra il minuto 4:50 e 5:10 si potrà percepire un tono simile a quello di una batteria che gradualmente si trasforma in un suono di tromba.
Un anno più tardi, presentò Turenas, la prima composizione elettronica ad avere l’illusione del suono che si muove in uno spazio a 360°.
“Normalmente quando un compositore presenta i suoi lavori ci trovi una coppia di quartetti d’arco, una sinfonia o due, musica da camera”, disse Chowing. “Io avevo una piccolissima formazione – solamente un computer e qualche altoparlante”.
Sebbene Chowing ricordi il giorno della prima della composizione come “la realizzazione dei [suoi] sogni per molti anni”, i suoi contemporanei non erano così entusiasti. Anni prima, quando era un giovane studente a Parigi, Chowing aveva assistito alla derisione della performance di un musicista elettronico da parte di compositori tradizionali ed ora era lui ad essere esaminato e sebbene la reazione non fu così chiassosa come quella di Parigi sostanzialmente era però simile nei riguardi di questa nuova musica. “Quello che sentivo in Turenas non era quello che sentivano i compositori a cui avevo chiesto una valutazione del mio lavoro”, disse. “Che senso ha il movimento del suono nello spazio per le persone abituate ad usare l’orchestra e i suoni tradizionali? Le Università sono tradizionaliste – evolvono ma molto lentamente e non è popolare allontanarsi dalla tradizione”.
Nonostante la sua importante uscita nei primi anni ’70 (che includeva anche un articolo accademico molto dettegliato su come realizzare la sintesi FM e sulle sue implicazioni), Chowing presto si trovò in quella fase in cui dopo sette anni di assistente professore si prese un tempo sabbatico. “Durante questo tempo Stanford o ti promuove oppure ti invita a trovarti un altro lavoro”, disse Chowing. “Mentre ero in questo periodo sabbatico mi fu riferito che non avrei più insegnato a Stanford”. Anche se non venne mai comunicato il motivo di questa decisione Chowing ammise che il tempo rilevante passato a sviluppare un sistema musicale computazionale non venne percepito dall’istituzione come un valore aggiunto. All’inizio fu una notizia devastante per il giovane accademico: “Fu un grande problema quando mi fu chiesto di andar via da Stanford. Avevo una giovane famiglia e dovevo capire come continuare a sostenerla. Ma sentivo anche il bisogno di continuare il mio lavoro perché non aveva senso rinunciare. Ero in un mondo digitale ma l’intero processo era intensamente musicale. Programmare e creare i suoni e capire come le due cose fossero in relazione per me era il punto centrale”.
Il famoso compositore francese Pierre Boulez contattò Chowing offrendogli un contratto di consulenza a Parigi. Boulez era in quel tempo una figura molto importante nella musica, il direttore dell’Orchestra filarmonica di New York e di quella della BBC ed era stato appena incaricato dal primo ministro francese di realizzare un’istituzione nazionale per la ricerca sulla musica. Sperava che il progetto dell’IRCAM avrebbe riscosso l’interesse di Chowing che colse al volo l’opportunità e presto si ritrovò a Parigi per assistere allo sviluppo del progetto. Mentre Chowing si impegnava nel suo nuovo lavoro Stanford aveva tentato di affittare la licenza della sintesi FM. Contattarono tutte le principali società che producevano organi ma nessuna di loro aveva le capacità tecniche per comprendere le implicazioni di quella scoperta. “Hammond, Wurlitzer, Lowry – si erano interessate ad ascoltare il suono e l’avevano giudicato buono!” riferì Chowing. “Compresero il senso generale ma non avevano conoscenze di dominio digitale o di programmazione per cui tutti dissero no”.
Come ultima possibilità, Stanford contattò Yamaha, la società giapponese che da qualche tempo aveva incominciato ad interessarsi di dominio digitale per un possibile futuro. La fortuna volle che i giapponesi diedero una possibilità a quel brevetto. Racconta Chowing che “la Yamaha inviò un giovane ingegnere a Palo Alto che in dieci minuti comprese la nostra tecnologia”. Infatti Yamaha la comprese così bene che decise di realizzare un contratto di licenza di 12 mesi per valutare se da questa nuova tecnologia avesse potuto realizzare qualcosa di utile per il proprio business.
Una lettera commerciale di Yamaha per Stanford (fonte: Stanford Special Collections Library)
Intorno al 1975 Stanford si rese conto di aver commesso un errore ad aver mandato via Chowing. Non solo il suo brevetto prometteva di portare all’università decine di migliaia di dollari al mese ma era stato incaricato da uno dei più grandi compositori del momento a partecipare allo sviluppo a Parigi del più grande ed avanzato centro di musica digitale del mondo. Con la coda tra le gambe Stanford ricontattò Chowing chiedendogli di ritornare nell’università offrendo un posto come ricercatore associato. Chowing accettò.
Tornato nel suo vecchio ufficio Chowing non perse tempo nel ridefinire il dipartimento di musica. Con un piccolo team di colleghi – John Grey, James Moorer, Loren Rush e il suo vecchio sponsor Leland Smith (poi impegnato nello sviluppo del software di notazione musicale SCORE) – realizzò il CCRMA (Center for Computer Research in Music and Acoustics) (si pronuncia “karma”) il cui obiettivo era semplice: mettere insieme un gruppo di persone che lavorassero insieme sulla sintesi, processing, spazializzazione e rappresentazione del suono. A detta di tutti è stato il primo centro negli Stati Uniti con tali finalità. Ma in realtà Chowing affermò che il CCRMA era la manifestazione e l’estensione delle idee e dei progetti che aveva iniziato più di un decennio prima quando era uno studente appena laureato. C’era solo una differenza: mentre prima i suoi sforzi erano stati ignorati e sottovalutati ora all’improvviso erano diventati della massima importanza per Stanford per il il suo nuovo licenziatario del brevetto.
Dal momento in cui (1974) realizzò il suo contratto di noleggio della licenza della sintesi FM, la Yamaha stette in costante contatto con Chowing e l’OTL di Stanford. Per anni i sintetizzatori analogici avevano avuto un ruolo fondamentale nel mercato ma presentavano una serie di carenze. Dal 1950 a tutto il 1960 gli strumenti elettronici erano limitati dal dover dipendere dal nastro magnetico per poter riprodurre suoni registrati. Anche i nuovi prodotti realizzati a metà degli anni ’60 come ad esempio il Moog o il Mellotron erano volubili in quanto ogni volta che si riproduceva la stessa nota questa suonava in maniera diversa poiché c’erano variazioni sia di tono che di ampiezza. Inoltre pochi strumenti avevano la possibilità di produrre suoni polifonicamente. I tentativi di digitalizzare i sintetizzatori erano stati effettuati nel decennio precedente ma erano stati ostacolati dalle dimensioni enormi dei computer, dalle schede di memoria e dal fatto che ci volevano almeno 30 minuti di attesa per realizzare poche misure di musica. Ma la tecnologica dei semiconduttori, sviluppatasi rapidamente a metà degli anni ’70, rese fattibile che la sintesi FM di Chowing fosse contenuta su un computer di dimensioni ragionevoli.
Lavorando sulla tecnologia di Chowing nel 1974 Yamaha produsse con successo il suo primo prototipo chiamato MAD e sebbene fosse solamente una prova Chowing vide molto bene le potenzialità del gruppo di lavoro. “Era evidente che gli ingegneri della Yamaha erano eccezionali”, disse. “Realizzarono velocemente questo strumento e fecero dei passi da gigante sul mio lavoro”. Dopo tre anni di noleggio del brevetto sulla sintesi FM, Yamaha insieme a Chowing gradualmente migliorò le realistiche qualità dei loro timbri ed effetti sonori. Tutto ciò si può leggere nel seguente estratto preso da una lettera di luglio del 1975 scritta da Yamaha a Chowing.
fonte: Stanford Special Collections Library
Una corrispondenza amichevole nella quale Yamaha invita per la prima volta Chowning in Giappone (fonte: Stanford Special Collections Library)
Mentre Yamaha era impegnata con la tecnologia dei sintetizzatori digitali fecero dei passi enormi con i sintetizzatori analogici. Nel 1975 e 1976 presentarono due macchine: il GX1 e il CS80 in tirature limitate a 10 unità. Nonostante il loro costo di 50.000 dollari vennero apprezzati da grandi artisti come Keith Emerson, John Paul Jones (Led Zeppelin), Stevie Wonder, ABBA e vennero lodati con “i primi grandi sintetizzatori giapponesi”.
Come Yamaha fu vicina a produrre il primo sintetizzatore digitale, nel 1977 il brevetto di Stanford per la licenza della sintesi FM venne finalmente approvato. Da allora Yamaha investì completamente nel brevetto credendo che quella tecnologia gli avrebbe procurato milioni di dollari negoziando con Stanford un contratto di noleggio della licenza per 17 anni (fino al 1994).
Uno dei 17 schemi del brevetto relativo alla sintesi FM (presentato nel 1974 ed approvato nel 1977)
La rivista inglese SOS scrisse che la Yamaha stava per cambiare il mondo professionale delle tastiere musicali. Ma in questo periodo di sviluppo una piccola società del Vermont che si chiamava the New England Digital Corporation battè la Yamaha producendo il primo sintetizzatore digitale al mondo, il Synclavier. Sebbene fossero vendute solamente 20 unità al prezzo di 41.685 dollari tutte riservate ai migliori musicisti dell’epoca Stanford si mosse e citò rapidamente in giudizio la società per aver violato il suo brevetto relativo alla sintesi FM. Da quel momento l’università percepì la somma di 43 dollari per ogni Synclavier venduto.
Nel 1981 Yamaha finalmente ebbe successo nell’integrare la sintesi FM in uno strumento musicale. Come i loro precedenti synth, i modelli GS-1 e GS-2 erano troppo cari (15.000 dollari ognuno) ed erano prodotti in un numero molto limitato per famosi musicisti quali ad esempio i Toto. Comunque gli strumenti divennero famosi per il gran suono e tutto ciò prometteva bene per Yamaha.
“Yamaha sembrava sempre produrre prodotti di altissimo livello “, afferma Chowing. “Hanno cercato di creare lo standard più elevato per l’audio fin dall’esordio in modo tale da garantire un’alta reputazione ai prodotti successivi e pertanto la tecnologia esistente era più semplice da estendere in futuro”. Soddisfacendo la profezia di Chowing, Yamaha rilascerà due anni dopo un sintetizzatore più accessibile (DX7) che avrebbe rivoluzionato il mondo della musica.
In un report del 1981 La Advanced Development Division di Yamaha comunicava chiaramente a Chowing: “Per ottenere migliori vendite il nostro modello successivo non sarà lo sviluppo di un piano elettrico ma piuttosto sarà un nuovo tipo di strumento a tastiera”. Invece che emulare uno strumento musicale già esistente, la Yamaha voleva creare e commercializzare un nuovo strumento. Nel maggio del 1983 quando gli ingegneri della Yamaha presentarono il DX7 sapevano che avevano realizzato un nuovo strumento. Lo strumento integrava completamente tutte le funzioni e capacità della sintesi FM di Chowing su un piccolo chip Intel 3000 e inoltre, a differenza dei precedenti strumenti, era molto più alla portata di un vasto target. Al prezzo di 1995 dollari, il DX7 offriva 16 note di polifonia (ovvero potevano essere suonate simultaneamente 16 note) e consentiva all’utente di programmare fino a 32 suoni custom. Sebbene fosse prodotto per un’ampia platea di pubblico la sua qualità sonora attirò l’attenzione di un gran numero di musicisti famosi: Elton John, Stevie Wonder, Queen, U2, Phil Collins, Kraftwerk, Talking Heads, Enya, Brian Eno, Yes, Supertramp, Steve Winwood, Depeche Mode, The Cure, Toto, Michael McDonald, Chick Corea, Lynyrd Skynyrd, Beastie Boys, Herbie Hancock.
Testimonial del DX7: Elton John, Chick Corea, Michael McDonald ed altri (1983)
Dal suo esordio il DX7 fu un grandissimo successo che riempì di soldi sia Yamaha che Stanford. L’incasso delle royalties da parte di Stanford furono notevoli. Da maggio ad ottobre del 1983 Yamaha incassò dalla vendita del DX7 39.913.067 dollari e per il contratto di noleggio doveva corrispondere il 0,5% del totale ovvero 199.565 dollari. Da novembre 1983 ad aprile 1984 Stanford incassò 287.500 dollari. Una lettera del 18 dicembre 1984 di Stanford a Yamaha rivela che Stanford stava ricevendo più di 1 milione di dollari l’anno al di fuori della licenza sulla sintesi FM e la sua relazione con Yamaha.
reports da Yamaha (fonte: Stanford Special Collections Library)
Per un breve tempo, prima dell’ascesa fulminea dell’ingegneria genetica e di internet, la sintesi FM costituiva il maggiore incasso di Stanford per un brevetto nella storia della scuola. Il sintetizzatore ebbe un’esplosione di popolarità in numerosissimi mercati (Stati Uniti, Giappone, Gran Bretagna, Francia) e continuò a portare considerevoli profitti fino al 1986 anno dell’ultima produzione.
La quota di mercato dei pianoforti Yamaha in Giappone passò dal 40% del 1980 al 65% del 1985; il suo rivale più vicino, la Kawai, aveva il 22%. L’azienda, una volta focalizzata sulla diversificazione, ora si dedicava intensamente sulla produzione del suo sintetizzatore arrivando a produrne fino a 1000 esemplari al giorno. Il DX/ è stato il sintetizzatore più venduto al mondo e la domanda di acquisto era così elevata che occorreva soddisfare liste di ordini pari a due anni.
“Sono sicuro che ci sono molte persone che desideravano che io non esistessi in quel tempo”, ride Chowing. “Pertanto molte compagnie concorrenti fallirono presto perché semplicemente non potevano competere con il DX7”.
Chowning with Max Mathews (c.1990)
Anche se il successo del DX7 ha ripagato più Yamaha e Stanford, Chowing è stato debitamente compensato per il suo ruolo. Licenziato qualche anno prima ora aveva uno stipendio da professore ordinario. “Probabilmente sono la sola persona nella storia di Stanford o delle altre università che è passato da essere un professore assistente ad un professore ordinario senza essere diventato prima un professore associato”, dice Chowing. “In qualche modo, è una rivendicazione”.
Le royalties derivanti dal brevetto sono state così distribuite: il 15% è stato dato per il tech budget dell’OTL, e detratte le spese vive il resto è stato diviso in parti uguali tra il fondo generale di Stanford, il dipartimento dell’inventore e l’inventore stesso. Anche se la scoperta è stata più redditizia per Stanford che per Chowing egli raccolse somme in altri modi: dal 1984 al 1990 prese fino a 600 dollari al giorno per consulenze a Yamaha sulle loro tecnologie. Inoltre il suo dipartimento, il CCRMA, venne spostato nella più bella palazzina del campus, un edificio vecchio di 100 anni in stile spagnolo gotico posizionato sopra una collina e una volta abitato dal presidente dell’Università. Ovviamente Yamaha ha donato al dipartimento più di 18.000 dollari in strumenti e tecnologia musicale.
il “poggio”, danneggiato nel terremoto del 1989 e restaurato nel 2005, è la sede del CCRMA
Dentro il CCRMA, la “Listening Room”
Considerando che il dipartimento di musica una volta aveva estromesso Chowing per i suoi “strani” concetti, ora lo considera un eroe e dalla metà degli anni ’80 ogni studente laureato compositore a Stanford ha sempre utilizzato un computer.
Chowing aveva portato non solo un flusso costante di entrate monetarie ma anche il prestigio. Nel pieno sviluppo dei sintetizzatori nel 1977 era tornato all’IRCAM a Parigi, divenuto il più grande centro di ricerca al mondo sulla musica digitale, dove aveva presentato un nuovo lavoro: Stria.
Il brano era innovativo sotto molti aspetti. Scritto utilizzando SAIL, un nuovo linguaggio sviluppato nei laboratori di Intelligenza Artificiale di Stanford, fu la prima composizione al mondo ad essere generata completamente da un computer (si legga il seguente articolo) e ad integrate elementi della sezione aurea e della sequenza di Fibonacci.
A partire dalla metà degli anni ’80 i chip FM di Chowing sono stati implementati con schede sonore nei PC, nei telefoni e nelle console: Atari, NEC, Fujitsu, Sharp, e Sega, tutte le utilizzarono per riprodurre sequenze MIDI. Il brevetto stava rendendo moltissimi soldi e nel massimo periodo Stanford e Yamaha fecero un nuovo accordo portando a 1,5% la royalties da versare all’OTL per ogni vendita. Nel 1986-87 Stanford incassò dal brevetto sulla FM la bellezza di 1,56 milioni di dollari; nel 1992 ben 2,7 milioni di dollari (a quel tempo il secondo incasso per un brevetto Stanford inferiore solamente a quello sull’ingegneria genetica). il chip FM, che Yamaha ha sviluppato con Chowing, venne venduto fino a 736.000 pezzi ogni anno. Una compagnia canadese ne comprava 20.000 al mese per utilizzarli in sistemi dotati di ingressi MIDI.
Un chip FM (fonte: Stanford Special Collections Library)
Nel 1989, Julius Orion Smith, uno dei giovani colleghi di Chowing, sviluppo una nuova forma di sintesi sonora basata sul physical modeling ovvero sull’utilizzo di modelli matematici per la simulazione di suoni. Yamaha mise sotto licenza questa tecnologia fin da subito e il legame Stanford-Yamaha divenne così forte da decidere insieme di unire il loro portfolio di brevetti fondando il Sounius-XG, un gruppo di investimento reciprocamente vantaggioso che ha portato ad entrambe le parti una notevole ricchezza nel corso degli anni.
In tutto questo Chowing rimase impegnato soprattutto per la parte scientifica. “Non mi è mai interessato avere moltissimi soldi”, disse. “il mio interesse non era nei brevetti ma nell’utilizzare la tecnologia nelle mie composizioni musicali”.
Quando si ritirò nel 1996, Chowing era così influente da assicurarsi due cattedre nel suo dipartimento: una per Julius O. Smith e l’altra per Chris Chafe. Negli anni successivi Chafe divenne direttore del centro espandendone le discipline includendo composizione, ingegneria elettrica, informatica e neuroscienze. Ha aggiunto tre professori supplementari alla facoltà, sette professori in consulenza e due posizioni amministrative. “Non è un compito facile”, riferisce Chowing. “Il programma di insegnamento/ricerca si è triplicato”.
Oggi John Chowing è considerato come uno dei grandi pionieri della musica elettronica, uno che ha sfidato la possibilità di realizzare i suoi sogni e di cambiare il panorama del suono. Ma non pone molta attenzione alle sue innovazioni tecnologiche: è un compositore a cuore, un uomo interessato più all’esplorazione della composizione che al prestigio. Affermò: “non credo di considerarmi un inventore, il mio spazio è la composizione: le invenzioni erano semplicemente il risultato di una ricerca compositiva, di un’idea musicale”. Ma è difficile ignorare l’impatto delle realizzazioni di Chowing. Quasi 40 anni dopo la sua scoperta il brevetto della sintesi FM ha fruttato a Stanford 25 milioni di dollari. Ha consentito alla creazione di uno dei migliori centri di musica digitale al mondo in grado di progettare anche la struttura sonora dei teatri d’opera e di occuparsi di archeologia acustica studiando i siti archeologici pre Inca.
A parte tutto, Chowing ama imparare. Di tanto in tanto a questo ottantenne piace sedersi con il figlio ventottenne, un musicista classico che suona il corno francese, e studiare musica. “lo ascolto quando mi dice di ascoltare la musica”, dice. “Non si è mai troppo vecchi per esplorare i suoni”.
Pingback: La Musica per videogiochi: gli anni '80 (parte 3) – Musica Applicata